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martedì 21 giugno 2016

DALLA CLAVA A PARIGI



Erano i primordi , quando con una clava si spaccava la testa a chi avesse il dolo di appartenere  ad una tribù rivale.
Netto il taglio di un'affilata selce separa il cranio dal corpo così che i vincitori possano giocarci a palla, irridendo e oltraggiando la fazione perdente ; sui rilievi del terreno prossimi al cruento evento ominidi a stento eretti urlavano animaleschi la loro appartenenza al clan.
La sola concessione data è la regola della sopravvivenza.
Passano i millenni ma questo crudele gioco ancora esiste e non è più lottare per affermarsi.
Ora la contesa si svolge in stadi patinati,sfolgoranti di luci ; la soffice erba calpestata da scarpini di marca, divise firmate per avere la certezza dell'immediato riconoscimento della tribù per cui tifare in un parossismo che culmina,a volte,in un indemoniato sabba.
Non colgo la differenza eccetto che ora non si tratta di sopravvivere .
A chi,a cosa ?
E perché ?
Per una Nazione ? 
O per la vanagloria che vi agita e nutre ?
Chiamatelo calcio, per me è follia.



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