Quando era una bambina lui era già un ragazzo e non aveva neanche tempo per raccogliere la palla aldilà del muro, perché aveva altro da fare.Non si era proprio accorto che la palla lei la buttava con il solo intento di scoprirlo gentile; così Elena doveva sbucciarsi le mani e le gambe,per andare a cercarsela da sola .
Una bambina di cinque anni che può saperne dell'amore ?
Lei però quel sentimento lo portava dentro da tanto di quel tempo che non riusciva a ricordare quando ebbe inizio,e lo portava con se ovunque e comunque.
Così era all'epoca della palla perduta e ritrovata , e delle corse per vederlo quando usciva da casa per andare alla scuola dei grandi.
Finalmente toccò a lei,sfilargli davanti con l'astuccio delle matite nuove e il fiocco fresco di bucato ben teso e inamidato per il primo giorno di scuola vera
pronta a farsi scoprire dal suo amore.
Una piccola regina,fiera della conquista dei sei anni, decisa a riconoscerlo come il solo cavaliere degno, il suo campione.
Lui non riuscì a sentire che lei lo stava salutando, con un filo di voce, sottile come un cinguettio,e se ne andò, scontroso,portandosi dietro le canne da pesca,su una rugginosa bicicletta, vecchia e cigolante.
Elena pensò che fosse perfetto; da qualsiasi parte cominciasse ad osservarlo, quasi sempre la piega di quel volto; non poteva fare a meno di trovarci dentro tutto e niente , forse troppo per la sua età.
Perciò si ritrovava stordita e perduta, per i battiti disubbidienti del suo cuore. A volte si fermava a comprare il pane al "Vecchio Forno "e se la madre di lui entrava Elena non riusciva a guardarla negli occhi e la osservava da lontano
senza farsi accorgere, per cercare in quei lineamenti ossuti i tratti del viso di lui,immaginandolo ancora bambino.
Mario non poteva tornare indietro e allora toccò a lei crescere il più in fretta possibile, aspettando con ansia i segni del proprio seno in ritardo,contando la propria vita sul calendario dei compleanni di lui.
A volte trovava il coraggio e si specchiava nuda ; di lui non avrebbe certo avuto vergogna, perché non c'è nulla di più grande di un amore che si svela,senza pudore.
Ormai anche le pietre dei muri fra i due giardini sapevano tutto.
Aveva circa tredici anni quando gli amici cominciarono a prenderla in giro,qualcuno dando per scontato che alla fine lui l'avrebbe presa,bella com'era;Qualcun altro scommesse che non l'avrebbe mai guardata,per dispetto.
Aldilà del muro Mario cresceva,solitario e feroce come gli orsi ; li vide una volta al circo , in gabbia ; era duro come le pietre che ormai da venti anni lo separavano da Elena .
L'aveva vista spiarlo e ci aveva messo un attimo per decidere che non la voleva ; una così non poteva che essergli che d'intralcio; una così , tanto scoperta nei sentimenti,non faceva al caso suo.
Perciò non ebbe alcuna compassione dei canestrini di fiori che lei intrecciava e che lasciava sul sellino della sua bicicletta .
Da principio Mario li scansava con il dorso della mano,come avrebbe fatto con un insetto morto,poi prese gusto a passarci sopra con la ruota, fino a quando lei la fece finita con i suoi doni.
Quell'amore ,che al principio lo aveva fatto vergognare , adesso lo disgustava
come se in lei ci fosse qualcosa di sporco.
Quando la vedeva diceva a se stesso che una ragazza non doveva dare la caccia a un uomo, così , in quel modo.
Trascorsero anni , ma Elena non riusciva ad abituarsi.
Il mondo delle donne lui lo apprezzava solo attraverso il vetro della comodità
madre , sorella e amanti e molto altro.
Relazioni contorte , dissolte in eterni , agri sentimenti.
Aldilà del muro c'era la prova viva della falsità di questo mondo di donne rassegnate a non dare coraggio perché per prime non l'avevano.
Elena era forza viva e lo reclamava per diritto,alcune volte cacciandolo a viso aperto,con lealtà; altre aspettandolo paziente all'ombra delle rose rampicanti.
Quando lui si rese conto di desiderarla,contrariamente a quanto si era imposto fino allora, cercò semplicemente di sparire,evitando quanto più possibile di rivederla .
Fu allora che apprese l'arte della caccia e del sangue.
Da subito preferì gli animali grandi e forti.
La maestà del palco dei cervi gli toglieva le parole di bocca e così la tenacia e la resistenza del cinghiale ,che schiumava vendetta braccato dai cani,capace di difendersi oltre ogni più feroce immaginazione.
La sua anima , tutta , aspirava a essere parte del bosco e dei suoi odori,delle nebbie repentine,degli aghi di ghiaccio che d'inverno lo ferivano a ricordargli di amare la vita mentre la toglieva.
Allora gli fu facile immaginare che l'unica donna che avrebbe potuto amare,senza motivo fuorché l'amore,sarebbe stata una fra le creature del bosco .
Talvolta l'aveva intravista tale creatura,nuda,mentre il vento apriva varchi fra i cespugli e aveva sembianze famigliari e una voce , la stessa , Elena.
Al ritorno dalla caccia,lei lo attendeva ancora,spaventata.
Lo aspettava , invidiando il rampicante di rose arancioni che attraversava le loro vite,perché poteva vedere e sentire ogni cosa di lui.
Così pregò, con tutta se stessa lo spirito del bosco che proteggeva ogni essere che la rendesse più simile a qualcosa che Mario potesse ammirare.
E dal profondo della terra arrivò,profondo e lieve , improvviso e le donò la forza e la meraviglia di essere l'anima del bosco.
Elena non si chiese come fosse possibile parlare con questo spirito luminoso e puro ; conversarono a lungo.
" Cosa desideri ? "le chiese
" Vorrei essere qualcuno che lui possa amare e desiderare ,come il suo cuore voglia."
Lo spirito le parlò del dolore , quello a cui porta l'amore senza ritorno,ma lei rispose che da sempre si era perduta e non si sarebbe ritrovata,se non suscitando in lui vero desiderio.Lo spirito le ripetè a lungo il senso del dolore senza ritorno,era una nenia infinita e dolce,ma lei non si impaurì e alla fine lui si convinse.
"Nei boschi vivrai senza più vita e troverai con lui ciò che cerchi,ma senza ritorno,ottenendo ciò che vuoi quando non lo desidererai più,solo per legge di quella natura,che ora puoi sovvertire per amore. Ciò che vorrai otterrai. Ti basti il tuo pensiero."
Elena chiuse gli occhi e volò,nel fitto del bosco,senza il corpo che aveva cresciuto per lui senza speranza.
Si rese subito conto della diversa posizione,non poteva più camminare eretta e aveva peli ovunque.Il viso era un grugno da cinghiale .Non parlava ma poteva pensare,e non urlò e non pianse pur ricordando che non aveva più nulla,che forse non aveva mai avuto nulla.
La sua vita era ora come un sogno , da lei sola sognato , dentro un giaciglio di foglie e fango.Aveva paura della notte, dei suoi rumori,e inorridì perché la natura seguì il suo corso,non risparmiandole l'orrore della continuazione della specie.Partorì così sei femmine,a cui non seppe insegnare una vita che non era la sua,ma che accettò con amore.
Quando quasi pensò di essersi sbagliata e di avere affidato il proprio destino a uno spirito bugiardo,capì il senso nascosto di quella scelta.
Quel giorno stava mangiando radici insieme alle figlie,che erano ancora piccole e striate,profumate di latte.
Lui prese la mira nel momento stesso in cui lei avvertì la sua presenza.
Elena lo guardò con gli occhi dell'amore,lui con lo sguardo pieno di desiderio di morte,ammirandone la grandezza del corpo e il portamento della testa.
In quella prima volta in cui fu lui a braccarla,desiderandola,lei lo vide ancora con lo spirito innamorato del giardino di casa.
L'osservò con lo sguardo stupito ; non si era mai sentita tanto bella.Era quello l'unico modo in cui avrebbe potuto accorgersi di lei; lo spirito l'aveva avvisata.
Qualunque cosa fosse stato il prezzo , lei aveva risposto.
Lui prese la mira; strano che la bestia non si muovesse,sembrava che lo stesse aspettando.Non c'era gusto se lei non scappava.Poteva però provare a farla muovere uccidendole prima i piccoli.
Così Elena vide le figlie morire una ad una,avevano teste e zampe disgregate e senza più un senso; l'unica maternità che le era stata concessa,lei che aveva sognato un bambino con gli occhi di Mario,a cui insegnare una vita senza disprezzo.Aveva sentito quelle vite frugare il suo corpo in cerca di latte,pensò pazza d'odio...ma ancora non si mosse.
Poi all'improvviso ci mise un attimo per essere sopra di lui,che non seppe calcolare la rapidità di quella disperazione . Elena affondava i suoi baci profondi nell'unico essere che avesse mai amato e con le zanne gli sfiorava delicatamente il collo.
"Per te ho mangiato bacche" gli soffiò con alito schiumoso " e ho atteso di essere qualcosa da amare e desiderare,per scoprire solo adesso che niente è cambiato,perché solo la morte è ciò che desideri,la stessa che mi infliggevi ogni giorno,attraverso il silenzio del muro che separava i nostri giardini .
Ciò che vuoi , amore mio , ti dono ".
Invece di finirlo si fermò ad osservarlo,compiacendosi di leggergli negli occhi un'infinita paura.Dopo un attimo, fuggì nel bosco più fitto,lasciandolo pazzo,a chiedersi perché quella bestia gli avesse risparmiato quella vita che non meritava certo.
I cacciatori di quei luoghi raccontano che Elena ancora corre, finalmente piangendo quell'ultimo atto d'amore .
by Roberta Lepri 2003